Prima di partire per un lungo viaggio…

Prima di partire per un lungo viaggio…

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Porta con te la voglia di non tornare più …sono mancata per un periodo lunghetto eh ?  Ma stavo aspettando una bella notizia che sarebbe dovuta arrivare da un momento all’altro e mi ero ripromessa di non scrivere fino a quel momento . Forse una forma di scaramanzia , un rito magico o forse la voglia di riempire queste pagine di qualcosa di bello.

Ma quella notizia non arriverà .

Naufragata definitivamente oggi ogni speranza .

E quindi rieccomi qui.

Dopo aver sperato ed essersi illusa rialzarsi è più difficile ma lo farò anche questa volta.

Camminami dentro

Camminami dentro

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Ti lascio passeggiare un po’ tra i miei pensieri
non farti spaventare dal disordine
fa parte dell’arredamento.
Troverai qualche soldatino di guardia
fanno tanto i duri, ma in fondo vogliono solo una carezza.
Ti lasceranno entrare.
Paura e ansia non le guardare
sono due prime donne
non aspettano altro che farsi belle agli occhi delle novità
prosegui pure avanti, hanno poco da raccontarti.
Appena superata la curva della speranza
diciamo tra incoscienza e (s)ragione
lì potrai affacciarti ai miei desideri.
Vedi quelli in corsivo ?
Ecco, per loro ho scelto un vestito elegante.
Di quelli proibiti ho perso la chiave.
Ma non sono in prigione.
Già che ci sei, liberami un po’ di follia.
La notte urla e straparla
non mi lascia riposare.
La malinconia è sempre a leggere in disparte
un po’ per scelta un po’ per arte.
Sì, insomma, non cercare di fare ordine
l’ultima volta mi ci sono voluti due anni di analisi
per risistemare.
Puoi fermarti quanto vuoi, o restare a dormire
ma ricordati di baciarmi gli occhi
se deciderai di uscire.

(Andrew Faber)

Il colore del grano

Il colore del grano

Avevo 17 anni e non avevo mai letto “Il piccolo principe”.
Da piccola lo avevo sfogliato ma non mi aveva incuriosito abbastanza, anzi lo avevo trovato banale, noioso.

Poi arriva lui: Don Stefano. Un sacerdote fuori dall’ordinario. Molto fuori. Talmente fuori che credo sia stato “spretato” qualche anno dopo. Eppure mi ha insegnato molto, tanto, prendendo spunto da tutto, canzoni, libri, arte.
Un viaggio profondo dentro me stessa.

Quel giorno, arriva in ritardo, gli occhi eccitati di quando stava per farci scoprire qualcosa di nuovo, un sorrisetto appena accennato. Apre quel piccolo libro e inizia a leggere.

C’è da dire che avendo fatto teatro interpreta particolarmente bene il testo, ed io rimango incantata, a bocca aperta.
E corro a comprare quello che resterà uno dei libri a cui sono più affezionata. Il brano che lui lesse quella sera è la parte più bella di tutte secondo me,ed è quella che mi è rimasta dentro.

Ancora oggi quando qualcuno si allontana da me dopo essere stato tanto vicino, mi asciugo le lacrime e penso a cosa mi ha lasciato, a quale è stato in questo caso “il colore del grano”.

E per quanto riguarda te mio dolce Werther, credo che tu mi abbia addomesticato e  che il colore del grano sia la voglia che mi hai fatto ritrovare di migliorarmi, esplorare, e la curiosità che ho ritrovato grazie a te.

Anche se ora mi manchi troppo e continuo a sperare nel tuo ritorno.
Ma mentre aspetto che ritorni…

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In quel momento apparve la volpe.
“Buon giorno”, disse la volpe.
“Buon giorno”, rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
“Sono qui”, disse la voce, “sotto al melo…”
“Chi sei?” domando’ il piccolo principe, “sei molto carino…”
“Sono una volpe”, disse la volpe.
“Vieni a giocare con me”, le propose il piccolo principe, sono cosi’ triste…”
“Non posso giocare con te”, disse la volpe, “non sono addomesticata”.
“Ah! scusa”, fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
Che cosa vuol dire addomesticare?”
“Non sei di queste parti, tu”, disse la volpe, “che cosa cerchi?”
“Cerco gli uomini”, disse il piccolo principe.
“Che cosa vuol dire addomesticare?”
“Gli uomini” disse la volpe, “hanno dei fucili e cacciano. E’ molto noioso! Allevano anche delle galline. E’ il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?”
“No”, disse il piccolo principe. “Cerco degli amici. Che cosa vuol dire “addomesticar>?”
“E’ una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…”
“Creare dei legami?”
“Certo”, disse la volpe. “Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo ”
“Comincio a capire” disse il piccolo principe. “C’e’ un fiore… credo che mi abbia addomesticato…”
“E’ possibile”, disse la volpe. “Capita di tutto sulla Terra…”
“Oh! non e’ sulla Terra”, disse il piccolo principe.
La volpe sembro’ perplessa:
“Su un altro pianeta?”
“Si”.
“Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?”
“No”.
“Questo mi interessa. E delle galline?”
“No”.
“Non c’e’ niente di perfetto”, sospiro’ la volpe.
Ma la volpe ritorno’ alla sua idea:

“La mia vita e’ monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sara’ illuminata.
Conoscerò un rumore di passi che sara’ diverso da tutti gli altri.
Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano?
Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile.
I campi di grano non mi ricordano nulla.
E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro.
Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato.
Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te.
E ameò il rumore del vento nel grano…”

La volpe tacque e guardo’ a lungo il piccolo principe:
“Per favore… addomesticami”, disse.
“Volentieri”, disse il piccolo principe, “ma non ho molto tempo, pero’. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose”.
“Non ci conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe. “Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!”
“Che cosa bisogna fare?” domando’ il piccolo principe.
“Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe. “In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, cosi’, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla.
Le parole sono una fonte di malintesi.
Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…”

Il piccolo principe ritornò l’indomani.
“Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora”, disse la volpe.
Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità.
Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi;
scoprirò il prezzo della felicità!
Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore.
Ci vogliono i riti”
.

“Che cos’è un rito?” disse il piccolo principe.
“Anche questa e’ una cosa da tempo dimenticata”, disse la volpe.
“E’ quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore.
C’è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è’ un giorno meraviglioso! Io mi spingo fino  alla vigna.
Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza”.

Così il piccolo principe addomestico’ la volpe.
E quando l’ora della partenza fu vicina:
“Ah!” disse la volpe, “… piangerò”.
“La colpa è tua”, disse il piccolo principe, “io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi.”
“E’ vero”, disse la volpe.
“Ma piangerai!” disse il piccolo principe.
“E’ certo”, disse la volpe.
“Ma allora che ci guadagni?”
“Ci guadagno”, disse la volpe, “il colore del grano”.

 

Il sacchetto di caramelle

Il sacchetto di caramelle

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“Ho contato i miei anni ed ho scoperto che ho meno tempo da vivere da qui in avanti di quanto non ne abbia già vissuto.

Mi sento come quel bambino che ha vinto una confezione di caramelle e le prime le ha mangiate velocemente, ma quando si è accorto che ne rimanevano poche ha iniziato ad assaporarle con calma.

Ormai non ho tempo per riunioni interminabili, dove si discute di statuti, norme, procedure e regole interne, sapendo che non si combinerà niente…

Ormai non ho tempo per sopportare persone assurde che nonostante la loro età anagrafica, non sono cresciute.

Ormai non ho tempo per trattare con la mediocrità. Non voglio esserci in riunioni dove sfilano persone gonfie di ego.

Non tollero i manipolatori e gli opportunisti. Mi danno fastidio gli invidiosi, che cercano di screditare quelli più capaci, per appropriarsi dei loro posti, talenti e risultati.

Odio, se mi capita di assistere, i difetti che genera la lotta per un incarico maestoso. Le persone non discutono di contenuti, a malapena dei titoli.

Il mio tempo è troppo scarso per discutere di titoli.

Voglio l’essenza, la mia anima ha fretta…

Senza troppe caramelle nella confezione…

Voglio vivere accanto a della gente umana, molto umana.

Che sappia sorridere dei propri errori.

Che non si gonfi di vittorie.

Che non si consideri eletta, prima ancora di esserlo.

Che non sfugga alle proprie responsabilità.

Che difenda la dignità umana e che desideri soltanto essere dalla parte della verità e l’onestà.

L’essenziale è ciò che fa sì che la vita valga la pena di essere vissuta.

Voglio circondarmi di gente che sappia arrivare al cuore delle persone…

Gente alla quale i duri colpi della vita, hanno insegnato a crescere con sottili tocchi nell’anima.

Sì… ho fretta… di vivere con intensità, che solo la maturità mi può dare.

Pretendo di non sprecare nemmeno una caramella di quelle che mi rimangono…

Sono sicuro che saranno più squisite di quelle che ho mangiato finora.

Il mio obiettivo è arrivare alla fine soddisfatto e in pace con i miei cari e con la mia coscienza. Spero che anche il tuo lo sia, perché in un modo o nell’altro ci arriverai”

Michelle

Michelle

Voglio condividere con voi il discorso tenuto da Michelle Obama a sostegno di Hillary Clinton. Comunque la pensiate sulle lezioni U.S.A trovo che queste parole siano toccanti ed emozionanti.
Vi riporto la trascrizione completa tradotta e il video originale.

Buon ascolto/lettura.

(Il discorso sembra sia stato scritto con la collaborazione di Sarah Hurwitz)

“Grazie a tutti. Grazie mille. È difficile credere che siano già passati otto anni da quando sono arrivata in questa convention per parlare del motivo per cui credevo che mio marito dovesse essere il Presidente.

Ricordate quello che vi ho detto allora sul suo carattere e convinzioni, la correttezza e la sua grazia – tratti che abbiamo visto ogni giorno che ha servito il nostro Paese alla Casa Bianca.

Vi ho anche parlato delle nostre figlie – come siano il cuore del nostro cuore, il centro del nostro mondo. E durante questi anni alla Casa Bianca abbiamo avuto la gioia di vederle crescere, diventare da gioiose bambine a giovani donne equilibrate.
Un viaggio che è iniziato subito dopo il nostro arrivo a Washington, il primo giorno che sono andate nella loro nuova scuola.
Non dimenticherò mai quella mattina d’inverno, mentre guardavo le nostre ragazze, solo sette e dieci anni, stipate in quei SUV neri con tutti quei grandi uomini armati.

E ho visto i loro piccoli visi premuti contro il finestrino, e l’unica cosa che riuscivo a pensare era: “Che cosa abbiamo fatto?”

In quel momento mi sono resa conto che il nostro tempo alla Casa Bianca avrebbe gettato le basi per quello che sarebbero diventate, e quanto questa esperienza avrebbe potuto fortificarle o romperle.

Questo è ciò che Barack e io pensiamo quasi tutti i giorni, cercando di guidare e proteggere le nostre ragazze attraverso le sfide di questa vita non comune sotto i riflettori.
Come chiediamo loro di ignorare coloro che mettono in dubbio la cittadinanza o la religione del padre.

Come insistiamo sul fatto che il linguaggio odioso che sentono da personaggi pubblici in TV non rappresenta il vero spirito di questo Paese.Come spieghiamo loro che quando qualcuno è crudele, o agisce come un bullo, non bisogna abbassarsi al suo livello.

Il nostro motto è che se qualcuno si abbassa noi cerchiamo di stare in alto.

Con ogni parola che diciamo, con ogni nostra azione, sappiamo che i nostri figli ci guardano. Noi, come i genitori, siamo i loro più importanti modelli.

E lasciate che vi dica, Barack e io abbiamo questo stesso approccio al nostro lavoro come Presidente e First Lady, perché sappiamo che le nostre parole e le azioni coinvolgono non solo le nostre figlie, ma tutti i bambini in tutto il Paese – i bambini che ci dicono: “Ti ho visto in TV , ho scritto un tema su di te per la scuola”.

I bambini, come quel ragazzino nero che guardava mio marito, con gli occhi pieni di speranza, e gli chiedeva: “I miei capelli sono uguali ai tuoi?”.

E non commetteremo errori da questo punto di vista il prossimo novembre, quando andremo alle urne, perché è questo che stiamo decidendo, non se democratico o repubblicano, non se a sinistra o a destra. No, queste elezioni, così come ogni elezione, riguarda chi avrà il potere di plasmare i nostri figli per i prossimi quattro o otto anni della loro vita.

E io sono qui stasera perché in questa elezione c’è solo una persona di cui mi fido e che potrà prendersi quella responsabilità, solo una persona che credo sia veramente qualificata per essere Presidente degli Stati Uniti, e che è nostra amica, Hillary Clinton.

Vedete, mi fido di Hillary alla guida di questo Paese perché ho visto la sua devozione durante tutta la sua vita per i bambini della nostra nazione.

Non solo per sua figlia, che ha cresciuto alla perfezione, ma ogni bambino che ha bisogno di un campione: quei bambini che fanno la strada più lunga per andare a scuola per evitare i bulli; i bambini che si chiedono come faranno ad andare al college; i bambini di cui i genitori non parlano una parola di inglese, ma sognano una vita migliore. I bambini che guardano a noi per determinare chi e che cosa possono essere.

Hillary ha trascorso decenni lavorando senza sosta per fare realmente la differenza nella loro vita: sostenendo i bambini con disabilità quando era un giovane avvocato, lottando per i servizi dedicati ai bambini come First Lady e per la qualità di questi servizi quando era in Senato.

E quando non ha vinto la nomination otto anni fa,non è rimasta arrabbiata o disillusa. Non ha fatto i bagagli ed è tornata a casa. Perché, come un vero servitore delle istituzioni, Hillary sa che questo è molto più grande dei suoi desideri e delle sue delusioni. Così, ha continuato a servire il nostro Paese come Segretario di Stato, andando in giro per il mondo per mantenere i nostri bambini al sicuro.

E guardate, ci sono stati un sacco di momenti in cui Hillary avrebbe potuto decidere che questo lavoro fosse troppo duro, il prezzo troppo alto.
Che era stanca di essere presa di mira per come appare, come parla o anche come ride. Ma ciò che ammiro di più di Hillary è che non ha mai ceduto alle pressioni, non ha mai preso la via più facile. Hillary Clinton nella sua vita non ha mai mollato.

E quando penso a che tipo di Presidente voglio per le mie figlie e per tutti i nostri bambini, è questo che voglio.
Voglio qualcuno che ha dimostrato di avere la forza di non arrendersi, qualcuno che conosce questo lavoro e lo prende sul serio.
Qualcuno che capisce che i problemi di un Presidente non sono in bianco e nero e non possono essere ridotti a 140 caratteri.
Perché quando si hanno i codici nucleari a portata di mano e militari al comando, non è possibile prendere decisioni di getto. Non si può avere la tendenza ad urlare e attaccare. Si ha bisogno di essere costanti, misurati e ben informati.

Voglio un presidente con una storia al servizio delle persone, qualcuno con l’obiettivo nella vita di mostrare ai propri figli che non devono inseguire fama e fortuna per loro stessi, ma combattere per dare a tutti la possibilità di avere successo, con la consapevolezza che c’è sempre qualcuno più sfortunato di noi.

Voglio un Presidente che sappia insegnare ai nostri figli che tutti in questo Paese valgono; un Presidente che crede veramente nella visione dei nostri fondatori.
Siamo tutti creati uguali e ognuno di noi fa parte della grande storia americana .

E quando la crisi colpisce, non ci rivolgiamo uno contro l’altro, ma ci ascoltiamo gli uni con gli altri. Ci appoggiamo a vicenda. Perché siamo sempre più forti insieme.

E io sono qui stasera perché so che questo è il tipo di Presidente che Hillary Clinton sarà.

Ed è per questo che, in queste elezioni, sono con lei.

Vedete, Hillary capisce che il Presidente ha un solo compito: quello di lasciare qualcosa di migliore ai nostri figli.
È così che abbiamo sempre fatto fare un passo in avanti a questo Paese, tutti noi che abbiamo voluto migliorare le cose per il bene dei nostri figli.

Dalle persone che si offrono volontarie per fare gli allenatori o gli insegnanti alla domenica.

Eroi di ogni colore e credo che indossano l’uniforme e rischiano la vita per mantenere e tramandare la nostra benedetta libertà.
Gli agenti di polizia e manifestanti a Dallas che insieme cercano disperatamente di mantenere i nostri figli al sicuro.

Le persone in fila a Orlando per donare il sangue, perché in quella discoteca sarebbe potuto esserci il loro figlio o la loro figlia.

Leader come Tim Kaine ,che mostrano ai nostri figli cosa siano moralità e devozione.

Leader come Hillary Clinton, che ha il coraggio e la grazia di tornare e mettere quelle crepe in quel soffitto di vetro fino a che non si rompe, sollevandolo assieme a tutti noi. (Il “soffitto di vetro” riprende un famoso discorso di Hillary Clinton del 2008 che definiva così quel muro invisibile che non permette alle donne di arrivare a gestire ruoli di potere rispetto agli uomini).

Questa è la storia di questo Paese, la storia che mi ha portato fino a qui stasera, la storia di generazioni di persone costrette a sentire il peso della schiavitù, la vergogna della servitù, la ferita della segregazione, ma che hanno continuato a lottare e sperare, facendo quello che doveva essere fatto in modo che oggi io mi sveglio ogni mattina in una casa che è stata costruita da schiavi e guardo le mie figlie – due belle, intelligenti, giovani donne di colore – giocare con i loro cani nel giardino della Casa Bianca.

E grazie a Hillary Clinton, le mie figlie – e tutti i nostri figli e le figlie – ormai possono considerare normale che una donna diventi Presidente degli Stati Uniti.

Non lasciate che nessuno vi dica che questo Paese non è grande e che in qualche modo ha bisogno di ridiventarlo.

Perché questo, ora, è il più grande Paese della Terra.

E visto che le mie figlie si preparano a viaggiare in questo mondo, voglio un leader che sia degno di quella verità, un leader che sia degno delle mie ragazze, un capo che sarà guidato ogni giorno dall’amore, dalla speranza e dai grandi sogni che ognuno di noi ha per i suoi figli.

Quindi, in queste elezioni, non possiamo permetterci di sederci e sperare che tutto vada per il meglio. Non possiamo permetterci di essere stanchi, frustrati o cinici.

No, ascoltatemi: da qui a novembre abbiamo bisogno di fare quello che abbiamo fatto otto anni fa e quattro anni fa.
Abbiamo bisogno di bussare a tutte le porte.
Abbiamo bisogno di ogni voto.
Abbiamo bisogno di versare ogni grammo della nostra passione, della nostra forza e del nostro amore per questo Paese ed eleggere Hillary Clinton come Presidente degli Stati Uniti d’America.
Mettiamoci al lavoro! Grazie a tutti e che Dio vi benedica”.

Michelle ci ricorda come anche se queste elezioni non sembrano riguardarci da vicino in realtà trattandosi del presidente degli U.S.A le cui decisioni determinano conseguenze su tutto il globo  e soprattutto in  questo momento storico non si può restare indifferenti o passivi…

Avete letto tutto?
Che ne pensate?

Dominique

Dominique

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Oggi ho ritrovato una cosa che scrissi addirittura nel 2005.

Voglio riportarla qui perché secondo me una riflessione sulla pena di morte è sempre giusto farla.

“Oggi sistemando casa per cercare di svuotare tutte le scatole del trasloco con l’intento di addobbare l’albero, ho trovato la prima lettera che scrissi a Dominique.
Una lettera semplice, forse anche un po’ infantile in un inglese stentato.Gli dicevo che avevo letto la sua storia e il suo appello in cui chiedeva di corrispondere con qualcuno della sua età, mi ero iscritta al comitato che voleva aiutarlo e avevo raccolto un po’ di firme. Accanto c’era  la sua risposta, in inglese fluente mi raccontava la sua vita dietro quelle dannate sbarre e mi chiedeva di me, della mia quotidianità di ragazza europea, sua coetanea, bianca, tranquilla economicamente e soprattutto libera…
Così diverso da me Dominique, eppure così simile nel cuore…
Non mi ha mai parlato di quella sera, quella che lo aveva portato in quell’orribile posto, però mi  descriveva le sue giornate, fatte di lettura, di disegni, di poesie..
Forse mi sentivo’ in colpa per il mio essere ‘privilegiata’ in qualche modo, mentre scrivevo avvertivo sempre un po’ di disagio, avvertivo l’ingiustizia di una vita diversa solo perchè si è nati in un altro posto, da un’altra famiglia.
E quando la mia di vita mi condusse altrove, “dimenticai”  Dominique, non gli scrissi più, anche se continuavo a seguirlo da lontano e un pezzetto di lui viveva sempre nel mio cuore.
Dominique Green è stato giustiziato il 26 ottobre 2004. A nulla sono valse le richieste di riesame, le prove che il processo non era stato condotto secondo le regole, l’avvocato d’ufficio che presenta le prove della sua innocenza oltre il termine previsto,a nulla gli appelli da tutto il mondo, a nulla nemmeno la richiesta della famiglia della vittima di concedergli la grazia perché non credevano che fosse colpevole …
Se sei un afroamericano nel braccio della morte in Texas non hai scampo…
Nove minuti e tutto è finito…
Queste sono state le sue ultime parole

«Ci sono state molte persone che mi hanno accompagnato fino a questo punto. Non posso ringraziarle tutte. Ma grazie per il vostro amore e il vostro sostegno. Mi hanno permesso di fare molto più di quanto non avrei potuto da solo. Ci sono tante cose che vorrei dire, ma non posso dire tutto. Vi voglio bene. Per favore, continuate la battaglia. Se voltate le spalle a me, voltate le spalle a tutti gli altri. Grazie per avermi permesso di toccare tanti cuori. Non avrei mai potuto da solo. Mi dispiace. Non sono così forte come credevo di poter essere. Ma immagino che farà male solo per un istante. Voi siete la mia famiglia. Vi prego, tenete viva la mia memoria»

Ecco Dominique, forse un po’ tardi ma lo sto facendo…”

Sono trascorsi 11 anni ma la mia opinione non è cambiata.

Capisco che i parenti di una vittima possano sentirsi offesi quando gli esecutori della morte di chi amavano escono dopo pochi mesi.

Rabbrividisco davanti a scene come quella che abbiamo visto al processo per ciò che è accaduto a Stefano Cucchi, quando di fronte all’assoluzione gli imputati hanno rivolto il dito medio. Ho provato una rabbia incontenibile che si rinnova ogni volta che ci penso.

Provo enorme frustrazione sapendo che l’assassina di Vanessa Russo, in quel modo ignobile e assurdo è già fuori al mare.

Ma continuo a non ritenere la pena di morte una soluzione.

A maggior ragione quando, come nel caso di Dominique, la certezza non c’è.

…Ma verso sera uno strano concerto

…Ma verso sera uno strano concerto

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“Ho cercato la solitudine per nascondermi dagli individui compiaciuti di sé che, nei loro sogni, vedono lo spettro della conoscenza e credono di aver raggiunto il loro scopo.
Sono fuggito dalla società per evitare coloro che, al loro risveglio, vedono soltanto il fantasma della verità, e gridano al mondo di aver acquisito totalmente l’essenza della verità stessa.
Ho abbandonato il mondo e ho cercato la solitudine perché mi sono stancato di rendere omaggio alle moltitudini che credono che l’umiltà sia una sorta di debolezza, e la compassione una specie di viltà, e lo snobismo una forma di forza.
Ho cercato la solitudine perché la mia anima non ne può più di avere rapporti con chi crede sinceramente che il sole, la luna e le stelle non sorgano se non nei loro scrigni e non tramontino se non nei loro giardini.
Sono scappato via da coloro che aspirano a cariche pubbliche, che danneggiano la sorte terrena della gente gettandogli polvere d’oro negli occhi e riempendogli le orecchie con discorsi senza senso.
Mi sono allontanato dai sacerdoti che non vivono conformemente a ciò che dicono nei loro sermoni, e che pretendono dagli altri ciò che non chiedono a loro stessi.
Ho cercato la solitudine perché non ho mai ottenuto gentilezza da un essere umano senza pagarne l’intero prezzo col mio cuore.
Ho cercato la solitudine perché detesto quella grande e terribile istituzione che la gente chiama civiltà, quella simmetrica mostruosità innalzata sulla perpetua disgrazia delle razze umane”

Gibran